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Danno biologico: facciamo un po’ di chiarezza

Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.

Così recita l’art. 2043 del Codice Civile e, tra i danni che possono essere causati in senso lato ad una persona, ve ne sono alcuni definiti “non patrimoniali” e che riguardano infatti il bene salute e il bene integrità fisica e psichica. Si parla, in questo caso, più genericamente di danno biologico.

Come si calcola il danno biologico?

Il danno biologico riguarda la persona in senso stretto e, proprio per questo motivo, non prende in considerazione nemmeno l’eventuale perdita di produttività lavorativa del soggetto in questione (ad esempio i giorni di lavoro persi, durante il periodo di convalescenza). Questa rientra in un calcolo a parte, che esula da questa riflessione.

Sorge allora il dubbio relativo alle modalità di calcolo del valore economico del danno biologico: come quantificare, ad esempio, una contusione per una caduta dalla moto, o il fatto di essere costretti a portare il “collarino” per 20 giorni?

Per rispondere a queste domande e ad altre altrettanto, se non più, complesse, si utilizzano una tabella e dei parametri specifici.

L’invalidità permanente e quella temporanea

Ripartiamo dalla definizione di danno biologico, ovvero quel danno che colpisce l’integrità fisica della persona, andando a diminuirla e ad incidere sulla capacità del danneggiato di continuare le proprie normali attività quotidiane.

Che la salute persa sia relativa al solo mese di convalescenza o lo sia in modo permanente, questo deve essere preso in considerazione in questo calcolo.

Ecco quindi che il calcolo del danno biologico prenderà in considerazione diversi parametri:

  • L’invalidità temporanea, ovvero tutti quei giorni che intercorrono tra l’incidente e il completo ristabilimento del danneggiato o il momento in cui si evinca che qualsiasi cura o terapia non migliorerebbe la situazione. Questo deve essere comprovato da un medico ovviamente;
  • L’invalidità permanente si ha quando le conseguenze del sinistro non sono eliminabili con cure o terapie. Il senso è qui più ampio di quello comune, nella misura in cui anche una frattura, anche se l’arto in questione tornerà ad essere utilizzato, segnerà sempre la persona;
  • Il danno tanatologico è il danno causato a terzi da morte altrui e si applica alle persone legate in via ereditaria alla persona morta, se il decesso che ha causato il danno è dovuto ad un fatto o ad una condotta illeciti. Se riconosciuto, il danno tanatologico è risarcito come danno biologico agli eredi del defunto.

Gli accertamenti medici

Come anticipato, l’invalidità temporanea o permanente che sia, deve essere accertata da terzi professionisti del “settore”. Il soggetto danneggiato dovrà sottoporsi quindi a visite e perizie medico legali.

Il medico, effettuata la visita, attribuirà un valore ai postumi permanenti al soggetto. Questo valore sarà espresso in percentuale. Secondo una tabella unica, valida sul territorio nazionale, ad ogni punto percentuale viene attribuito un valore economico. Questo non è fisso, ma varia in funzione di:

  • Età del danneggiato: al crescere dell’età, scende il valore del rimborso;
  • Giorni di inabilità temporanea: il risarcimento passa dal 100% iniziale al 75%, al 50% e, infine, al 25% a mano a mano che ci si allontana dal giorno del sinistro. Si presume infatti, che con lo scorrere della convalescenza, il soggetto acquisisca via via sempre più manualità e indipendenza.

Secondo queste tabelle si parla di lesioni micro-permanenti, se la percentuale di invalidità è al massimo al 9%, e di lesioni macro-permanenti, per lesioni superiori al 9%.

Infine, al di sotto del 9%, per dare diritto ad un risarcimento, le lesioni devono essere accertabili solo con esame clinico strumentale obiettivo (non basta, insomma, l’“occhiata” del medico, ma servono esami precisi).